Maurizio Sgorrano

L’antica passione

 

L’avvicinarsi della Pasqua impone qualche riflessione in più sul tema della sofferemza, della paura e della pace.

 

L’arte riesce sempre a determinare in maniera visiva  quanto è dentro di noi.

 

“I prayed, when I looked at what surrounded me, to the remorse of conscience and to the fear of punishment.”

 

Si è più vicini alla perfezione quando si riesce a avvicinarsi alla realtà, alla verità, alla sofferenza degli altri, al rispetto della persona.

 

Nei momenti di maggiore serenità, sentiamo il bisogno di riuscire ad esprimere l’esperienza personale di vita, la considerazione matura, la consapevolezza dell’agire umano.

 

Come la parola, la pittura è il tramite più intimo in quanto espressione di quella interpretazione del mistero dell’uomo.

 

Se potessimo aprire lo scrigno grande dell’anima in ogni momento della nostra vita, forse potremmo impadronirci per tempo di quella consapevolezza che molto spesso ci viene negata.

 

In questo risiede anche il segreto della ricerca individuale, della crescita umana e spirituale, del raggiungimento della bontà di vita che non può non passare attraverso la conoscenza del dispiacere, e la ricerca del dolore e della sofferenza.

 

In essa c’è l’essenza del vivere, o meglio è insita la vita stessa che permette all’uomo la conversione e la salvezza intera, dell’anima e del corpo.

 

Più che mai, in un momento di forte esaltazione del protagonismo, la spiritualità avvolge l’altare di Dio, la piazza, la città, la nazione, il mondo intero, mentre l’espressione pacata e saggia recupera il senso della consapevolezza, della comprensione e dell’amore.

 

Scorrano esprime, in maniera accorata e profondamente cristiana, il desiderio forte dell’anima di raggiungere la felicità e la serenità, affrancando lo spirito.

 

La sua espressione pittorica rivela l’animo religioso che affonda il proprio pensiero nelle radici del cristianesimo per rinnovare la possibilità di salvezza e la speranza di intraprendere la via della salvezza.

 

In questo senso va definita la motivazione della ricerca di Scorrano. Giovane come è, agli inizi di una attività che non è facile, egli si pone il problema da dove partire per iniziare il racconto della sua espressione artistica. La passione dell’uomo appare allora  un motivo di sicuro successo;  un motivo che da sempre affascina per il mistero della morte e resurrezione; è un motivo che l’attualità dei tempi propone continuamente per le strade, nelle case, negli uffici.

 

La domanda semplice, ma forte, che Scorrano si pone per capire il sacrificio dell’Uomo, sembra essere: “Ma l’uomo è proprio fatto così?”

 

Si cruccia della condizione di difficoltà  che l’uomo riesce a creare al proprio simile per arroganza, per potere, per inefficienza, per barbarie,

L’arroganza, il potere, la barbarie, l’inefficienza, nella loro espansione, stanno finendo con il comprendersi e l’avvolgersi non dando più i segni definiti della dimensione del comportamento della persona.

 

Il mondo pullula di Pilato, di sommi sacerdoti, di Barabba, ma anche di gesù  terreni e di maddalene del mondo.

 

Credo che andare a riconsiderare la sofferenza dell’uomo sia non solo un desidero dello spirito, ma anche una presa di coscienza della realtà contemporanea in un momento di forte difficoltà di comprensione dei bisogni e dei diritti dell’uomo.

 

Riproporre, nel pieno dell’estate vacanziera, la riflessione sulla difficoltà dell’uomo, è, a mio parere, una esigenza che va oltre il dominio dell’effimero per poter recuperare, sia pure per un momento, la considerazione e la partecipazione.

 

Non so se Scorrano abbia voluto, di proposito, dare un ruolo ai perdoni, di certo essi appaiono in processione di penitenza, ma anche e soprattutto in atteggiamento di estrema rivoluzione interiore, quasi a presagire i mali che attanagliano l’uomo e la consapevolezza che l’uomo semplice va sempre più recuperando supplementi di potere che gli permettono azioni non più prevedibili, non più confrontabili, non sempre obiettivamente giudicabili.

 

Ci sono poi i Cristi affranti, irati, costretti alla tortura, ad un giudizio sommario e ripropongono i grandi interrogativi del mondo, ancor più del nostro mondo.

Le Addolorate sembrano riproporre il dolore delle madri, toccate nella loro grandezza di maternità.

 

L’uomo, certi uomini, si ritengono persino  superiori allo Stato stesso. Non so se la politica, frammentata e divergente, interessata e di parte, individualista e di occasione, possa permettere di recuperare la speranza di una evoluzione della regola che appartenga alla comunità e non vada a riferirsi alle statistiche e a certi atteggiamenti denunciati per clamore e per burla, ma anche per affare pubblicitario.

 

Il tempo che stiamo vivendo è tempo di forti cambiamenti e di continua lotta con le diversità negative che, ahi noi, ci lasciano vittime incomprese e incapaci di comprendere.

 

“Antica passione” ci ripropone la riconsiderazione dei valori cristiani.

 

Si svolge  così il pensiero espressivo dell’immagine di Maurizio Scorrano che pone al centro il problema del dolore indotto dell’uomo, recuperando l’esistente dei simboli architettonici e iconici e considerando i  grandi temi dell’uomo: l’odio-amore e  la  donna-madre.

 

Forse non sempre si è in grado di considerare l’esistenza altrui come completamento della propria; forse non sempre la nostra capacità intellettiva ci permette di tesorizzare i valori della vita e, ancor più, il riferimento alla esistenza come espressione capace di sfrondare l’agire dalle furbizie, dagli opportunismi e dalle violenze.

 

Ogni cosa è sempre riconducibile al bene, al giusto, alla obiettività che impone rettitudine e genera giustizia. E’ la speranza di Scorrano, ma è anche la nostra speranza.

Credo molto al cristianesimo rinnovato, adeguato al trascorrere dei tempi, contingente alle azioni che il “povero” di spirito riesce ad imporre per superbia personale. Si, cristianesimo come poesia di vita, come espressione artistica del vivere quotidiano che si collega al Dio eterno dell’amore.

 

È la fede la forza inspiegabile per trasformare l’esistenza in gioia di vivere, il dolore in formazione, la  morte in vita, il profano in sacro, la persona amata in immagine di Dio.

 

Mi piace sottolineare la particolare tendenza di Scorrano a riferirsi principalmente all’uomo.

 

La finitudine si trova al centro dell’esperienza artistica per cui la democrazia è il riconoscimento della libertà dell’altro.

 

L’uomo, un tempo origine della donna, è chiamato a considerare il valore della donna, della sua maternità, della sua intensa spiritualità fatta di afflato materno, di protezione, di formazione, di difesa.

 

La donna, fedele custode dei valori essenziali della vita, viene chiamata, per scelta dell’Altissimo, ad essere faro eterno per l’uomo.

 

Emerge la consapevolezza della condizione dell’uomo, chiamato a più ragionevoli ed adeguati atteggiamenti, ma anche di nuova considerazione per il proprio simile femminile.

 

“Ut unum sint” per ritrovare il completamento umano e la ricerca della salvezza.

 

“Antica passione”. è un grido forte di dolore che va oltre la stessa norma, la stessa legge che non sempre è in grado di dare giustizia alla sofferenza subita ed a quella silenziosa che ti accompagna, a volte, per tutta la vita.

 

Coscienza - pianto - preghiera: è l’asse sintagmatico sul quale si  sviluppa il tema di questa personale di pittura che, oltre il tempo, la civiltà e la fede, sembra voler  evidenziare e recuperare la coscienza civile  in un momento in cui forte è il bisogno di tornare a credere alla persona e di considerare la sua spiritualità: il vero sostegno e riferimento di vita.